Già dai
tempi degli antichi Romani, Fenici ed Etruschi si cercava di capire il modo per colmare i vuoti creati dalla mancanza di denti.
Nel V secolo A.C. i Romani legavano i denti con bande e ponti in oro, mentre le protesi consistevano in ossa di
animali, avorio, denti di vitelli oppure i loro stessi denti perduti.
Alla fine
del XVII secolo barbieri, orafi e tornitori di avorio cominciarono ad
interessarsi a questo ambito siccome in tal modo potevano arrivare a grandi
guadagni: bisogna comunque dire che questi ponti però costituivano quasi esclusivamente un miglioramento
estetico in quanto non erano in grado di assolvere a funzioni di masticazione.
Nel corso
del XVII secolo si diffuse in Giappone l'usanza dell'annerimento dei denti, il quale veniva considerato sia come una bellezza estetica, sia come pratica per dimostrare che la donna era spostata.
Più tardi si
iniziarono a fabbricare protesi parziali che venivano fissate con legature in
seta ai denti residui dei pazienti, risultando comunque sempre un rimedio
estetico.
Per
sostituire i denti mancanti venivano usati sopratutto denti umani, che i
subalterni lasciavano o vendevano ai signori più ricchi: in questo modo il
materiale si conservava rispetto ai denti in avorio, quest’ultimi soggetti
a discromie e che portavano a sgradevole sapore ed odore.
Per questa
ragione fiorì il commercio dei denti umani, che non di rado venivano di
nascosto tolti anche a cadaveri!
A partire
dal 1790 in Francia fu fabbricato un nuovo tipo di protesi in cui il materiale principale è la porcellana.
Attorno al 1840 si affermò finalmente l'impronta in gesso: cio' che
prima veniva valutato e costruito con grande approssimazione poteva ora essere
confezionato in base a dei modelli ottenuti da dei calchi più fedeli, ed anche
l' uso dei denti umani fu abbandonata.
A partire
dalla metà del XIX secolo furono realizzate le prime protesi parziali che
prevedevano l'ancoraggio dei denti in porcellana nel caucciù, arrivando poi ai giorni odierni.
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